Orologeria: la difficile vita dei concessionari

La distribuzione sta cambiando, e per l’utente finale non è un bene

Conosciamo tutti la comodità dello sviluppo e della diffusione delle vendite online.

Fino a qualche tempo fa si riteneva impossibile un allargamento così ampio del commercio a distanza. E alcuni settori, molto tecnici, per i quali è sempre stato considerato necessario il rivolgersi direttamente al venditore, si pensavano immuni dagli effetti.

Con l’acquisizione del controllo da parte di grandi distributori come Amazon e Ebay, ma soprattutto con la scesa in campo delle maison orologiere, questo empasse è stato superato.

Le case orologiere hanno completato il processo di categorizzazione dei prodotti, rendendo identificabile con sicurezza ogni prodotto.

Ovvio che sorgesse prima o poi la tentazione di raggiungere direttamente il consumatore finale by-passando il circuito dei concessionari.

È stato un processo freddo è scientifico che ha previsto diverse fasi. Ecco quanto è successo nella maggior parte delle circostanze.

Il “sistema”

Alla luce delle nuove condizioni, le maison si sono chieste a cosa i concessionari potessero essere utili. E la risposta è stata: la presenza di una vetrina e un centro di appoggio locale.

I produttori hanno quindi messo in atto una strategia che limitasse il numero dei concessionari sul territorio. Nello stesso tempo hanno individuato le piazze più adeguate.

Ai concessionari è stato imposto, pena la perdita delle concessioni, una serie di restrizioni e impegni sempre crescenti.

Si tratta di imposizioni sui modelli di acquisto, limite minimo di acquisto e obbligo del rispetto di un’adeguato quantitativo di vendita.

Ma non solo: l’esposizione deve essere eseguita secondo lo schema fotografico imposto dalle case, e anche il luogo fisico di esposizione deve essere gradito dalle maison.

Si è arrivati anche all’obbligo di acquisto di determinate collezioni, e anche all’obbligo di rimpiazzo di determinati modelli.

Contemporaneamente, però, le maison hanno aperto loro canali di vendita. E in alcuni casi posto in vendita modelli esclusivi NON distribuiti ai concessionari. E in più hanno aperto dei punti di rivendita aperti al pubblico, in concorrenza con i concessionari e con esemplari esclusivi in vendita.

L’obbligo è arrivato anche alla proibizione di effettuare sconti, se non di piccolo arrotondamento.

A fronte di questo impegno, che certamente ha prodotto uno sforzo economico rilevante, le case produttrici hanno ristretto anche i circuiti di assistenza. Per avere i pezzi di ricambio occorre innanzitutto essere concessionari, e in alcuni casi non basta neppure, in quanto le maison pretendono di operare direttamente attraverso i propri punti di assistenza.

Ne deriva un monopolio di fatto e assoluto con conseguente ripercussione sui prezzi delle riparazioni.

Il consumatore finale è spesso attratto all’acquisto attraverso il canale diretto, pur non avendo alcun beneficio sul prezzo. Solletica però il fatto di avere contatto diretto col produttore, anche se dal punto di vista della garanzia cambia nulla.

Il risultato sarà dunque quello della standardizzazione di contatti impersonali, con la perdita del valore dell’assistenza diretta e dei consigli degli esperti.

Da parte loro le maison lucrano anche del margine normalmente riservato ai concessionari, incrementando gli utili e mantenendo il controllo assoluto del mercato.

I negozi spariranno, e il processo è iniziato già da ora, con i più piccoli, poi con i medi e anche qualche concessionario importante che ha compreso la strategia e non si è assoggettato a questo sistema.

Fino a quando non sarà completata la rete delle boutique direttamente gestite dai marchi, sopravviverà qualche concessionario. Dopodiché, anche se volesse resistere, sarà privato dei marchi.

Le conseguenze

A quel punto il consumatore finale avrebbe come interlocutore esclusivamente il produttore, ma senza i benefici del prezzo, il quale rimarrà quello del retail. Il potere contrattuale del cliente sarà minimizzato.

Alcuni aspetti negativi li viviamo già ora, nonostante l’entusiasmo ancora vivo degli acquisti presso gli store online dei produttori.

L’assistenza è spesso penalizzante. Se si cerca un servizio, l’assistenza ufficiale delle maison, pretende che l’orologio esca impeccabile (e questo sarebbe un bene). Peccato però che ogni piccolo graffio sul vetro o sulla cassa venga considerato inaccettabile dall’assistenza, e i costi di aggiustamenti anche non richiesti ci vengono addebitati a prezzi imposti. E non abbiamo neppure alternative: un orologiaio indipendente non ha la possibilità di reperire i pezzi di ricambio, e quindi di dare una garanzia riconosciuta dalla maison al suo intervento.

Anche l’immediato servizio post-vendita ne risente. Se acquistiamo l’orologio dal concessionario, e il giorno dopo notiamo un’anomalia o abbiamo un dubbio, ritorniamo facilmente dal venditore. Nel caso di acquisto in maison dobbiamo assoggettarci ad una procedura online, che spesso lascia insoddisfatti.

Conclusione

Anche se al momento l’unica difesa del consumatore sarebbe quella di rivolgersi direttamente al concessionario, questo non basterà.

Acquistando dal concessionario godremo dei vantaggi che questo comporta, ma non invertirà il trend.

Ormai è un processo avviato che porterà anche l’Orologeria ad assoggettarsi alle regole del marketing moderno e dello strapotere dei produttori.

L’effetto finale sarà una gestione completa di prezzi, mercato, assistenza e indotto da parte dei proprietari dei brand.

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